Challenging doctor’s lifelong habits may be good for their patients. di Gemma C Morabito, MD

17.08.2009 09:55

Spesso sul sito MedEmIt recensiamo importanti articoli e ricerche utili per la nostra pratica clinica. Oggi volevo raccontarvi il contenuto di un editoriale che, accompagnando un interessante articolo, porta alla luce e propone alcuni spunti di riflessione estremamente importanti per chi come noi lavora in emergenza (perché la nostra professione, ricordo, è fatta di sapere ma anche di pensare!). L’editoriale parte da una Review pubblicata a Febbraio 2009 sulla rivista Heart (Wijesinghe M et al. Routine use of oxygen in the treatment of myocardial infarction: systematic review. Heart 2009; 95: 198-202) e nella quale non è stato possibile trovare evidenza a favore di una  pratica molto diffusa e tradizionalmente ritenuta efficace: l’ossigenoterapia in corso di infarto miocardico acuto. Il punto di partenza, in realtà, non è solo questo perché, a sorpresa!, il lavoro dei ricercatori della Nuova Zelanda ha addirittura sollevato dei dubbi su un possibile effetto dannoso.

 

La storia della medicina è piena di abitudini terapeutiche molto diffuse sebbene si tratti di semplici applicazioni di antiche pratiche basate su teorie che non hanno una vera base scientifica. L’infarto miocardico non è sfuggito a questa regola generale e sfortunata. Ad esempio, la lidocaina è stata utilizzata per diverso tempo sistematicamente come anti-aritmico nei pazienti con IMA fino a quando nel 1999 uno studio multicentrico non sollevò i seri dubbi relativi ad una possibile tossicità e aumento di mortalità (Sadowski ZP et al. Am Heart J 1999; 137:792). In questo articolo, partiti dal proposito di trovare l’evidenza a favore della somministrazione di O2 nell’IMA, si è arrivati a scoprire quello che nessuno intuitivamente avrebbe immaginato. Le sorprese sono diverse, ci fanno notare gli autori dell’editoriale.

 

Primo

Il primo motivo di sorpresa è la straordinaria discrepanza tra l’elevata incidenza di casi di IMA (parliamo di milioni di pazienti ogni anno) e l’incredibile scarsezza di dati scientifici su questa routinaria abitudine terapeutica.

 

Secondo

Il secondo motivo di sorpresa è che la terapia con ossigeno, assai lontana del potersi dire efficace dal punto di vista scientifico, potrebbe addirittura essere dannosa in molti pazienti con IMA. In un trial, i pazienti trattati con O2 avevano più episodi di TV e mortalità aumentata. Gli studi selezionati sono pochissima cosa e non hanno alcun peso statistico, ma spingono comunque a concludere che se da un lato non dimostrano che l’O2 faccia male, certamente non evidenziano alcun effetto positivo del suo impiego. Perciò, la teoria semplicistica che l’ossigeno terapia sia il miglior modo di portare più ossigeno alle cellule miocardiche ischemiche, che disperatamente ne hanno bisogno, non è supportato dall’evidenza (forse per l’effetto vasocostrittore che l’ossigeno ha sulla circolazione coronarica). “Ancora una volta - scrivono gli autori nel’editoriale si dimostra che la natura è molto più complicata delle nostre semplici teorie”.

 

Terzo

La terza lezione che questo articolo ci dà è forse ancora più importante. Sebbene non esista evidenza a supporto di un potenziale effetto benefico dell’O2, questa pratica terapeutica è ampiamente raccomandata da diverse Linee guida per il trattamento dell’IMA non complicato, almeno nelle prime ore (ora dobbiamo anche domandarci se questo può esporre i pazienti ad un potenziale effetto dannoso). Questo si fa riflettere sul modo con cui le linee guida vengono prodotte.

 

Una nuova linea guida è preparata da gruppi di persone che fanno del loro meglio per migliorare quella vecchia. Per fare questo ci si concentra soprattutto sulla nuova evidenza prodotta nel periodo intercorso dall’ultima revisione. Questo, che non è di per sé errato, porta però a dimenticare l’analisi dei vecchi trattamenti o strategie, dando per scontato che siano validi (non si fa altro che riportarli nella nuova LG ). Ad esempio, se prendiamo una LG per l’infarto miocardico acuto, lo sforzo sarà concentrato sull’effetto di diversi regimi di anticoagulazione (che, nel migliore dei casi, potranno avere un modesto impatto sulla sopravvivenza) piuttosto che riconsiderare trattamenti già precedentemente accettati , come l’ossigeno terapia (che potenzialmente, se consideriamo i dai preliminari della review di cui stiamo parlando, potrebbero raddoppiare la mortalità).

 

Concludendo

Le pratiche che sono supportate dalla storia piuttosto che dall’evidenza scientifica, non dovrebbero essere incoraggiate dalle LG, eccezion fatta per quelle, come l’adrenalina nell’anafilassi, nelle quali la mancanza di evidenza è superata dal buon senso che si sostituisce alle raccomandazioni scientifiche.

 

Dobbiamo ricordarci che uno dei nostri compiti è quello di sfidare le vecchie pratiche sulla base delle moderne conoscenze e avanzamenti scientifici, nonché progettare ricerche che possano determinare se o meno abitudini di vecchia data siano veramente appropriati per la salute dei nostri pazienti. L’articolo pubblicato su Heart, al quale si riverisce questo editoriale, è ovviamente appena sufficiente per escludere formalmente la pratica, ma deve essere considerato un importante punto di partenza per progettare una ricerca futura in questo campo per stabilire se questa pratica è utile o dannosa.

 

Gemma C Morabito, DEA sant'Andrea di Roma ha commentato:  Challenging doctor’s lifelong habits may be good for their patients; oxygen therapy in acute myocardial infarction. Nicolas Danchin, Denis Chemla. Heart. 2009 February.

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