INIBITORE di POMPA PROTONICA ENDOVENA: Perché lo fai? di Gemma C Morabito

01.09.2009 10:25

Avete fatto caso che la somministrazione di un PPI endovena è diventata una pratica sempre più frequente in Pronto Soccorso? Alle volte lo aggiungiamo a seguire dopo una lunga lista di farmaci che abbiamo prescritto endovena, altre volte non abbiamo il farmaco da dare per os e così ricorriamo alla formulazione ev, altre, infine, lo facciamo e basta…senza tanti perché.

 

È solo una mia esperienza o pare anche a voi che le cose vadano così?

 

Ebbene, alcuni numeri sono incredibili e ci dovrebbero fare riflettere. Prendo come spunto per questa breve recensione un articolo pubblicato nel 2007 sulla rivista (sconosciuta alla maggior parte di noi medici d’urgenza) Alimentary Pharmacology and Therapeutics e dal titolo “Predictors of innapropriate utilization of intravenous proton pump inhibitors”. Lo studio è stato condotto rivedendo retrospettivamente le prescrizioni di PPI ev in un centro universitario del Canada nell’arco di due mesi e classificandole come appropriate o non-appropriate (in termini di indicazione, dose e durata del trattamento).

 

Il 46% dei pazienti aveva un sanguinamento gastrico alto. In generale, il 31% dei pazienti riceveva una terapia completamente appropriata. Nel 57% dei pazienti l’indicazione era errata e nel rimanente 12% lo era la durata del trattamento. La terapia era appropriata nel 41% dei pazienti con sanguinamento GI e solo nel 22% di quelli senza sanguinamento GI (gruppo nel quale era maggiormente per errore di indicazione). Predittori significativi di un uso inappropriato erano l’età avanzata e la riduzione della dose media giornaliera.

Quali sono le indicazioni appropriate?

 

Nel sanguinamento GI alto non-da-varici: (UGIB) esiste un livello di evidenza I a favore della somministrazione di un bolo ev di PPI (80 mg) seguito da infusione continua (8 mg/h per 3 giorni). Questo approccio, infatti, è in grado di ridurre la recidiva di sanguinamento nei pazienti che sottoposti a EGDS hanno segni endoscopici di elevato rischio (sanguinamento attivo, vasi visibili, coaguli adesi alla parete).

 

Appropriata anche la somministrazione (con le stesse modalità) nei pazienti che non possono fare EGDS perché clinicamente instabili o per la presenza di altre comorbilità che controindicano l’endoscopia. 

 

Recentemente una consensus guideline ha suggerito anche la terapia empirica con elevate dosi di PPI ev nei pazienti che attendono di fare una EGDS per sospetto sanguinamento UGIB. Questi però devono sospendere l’infusione se all’EGDS non si trovano segni di elevato rischio. Studi di costo/beneficio hanno dimostrato che l’impiego di elevate dosi di PPI ev per 3 giorni dopo emostasi endoscopica è sia più efficace che meno costosa nei pazienti con ulcere sanguinanti. L’infusione ev di PPI in attesa dell’EGDS potrebbe anche essere vantaggiosa

 

I PPI ev sono anche indicati nel trattamento di condizioni dove è richiesta una rapida riduzione della secrezione gastrica (es. esofagite da reflusso) in pazienti che nn tollerano i farmaci per os, così come in quelli in nutrizione parenterale.

 

Nelle indicazioni NON-UGIB, appropriato è l’uso di PPI ev nei pazienti a digiuno per motivi terapeutici e che facevano prima del ricovero terapia domiciliare con PPI per os. Dose appropriata è 40 mg al giorno per il periodo di digiuno.

 

L’articolo recensito riporta i risultati di una indagine nazionale nella quale oltre l’85% dei pazienti ricoverati aveva ricevuto una prescrizione di PPI, con il 56% di loro trattati almeno con una dose ev. In Italia spesso mancano le indagini statistiche ed epidemiologiche nel Pronto Soccorso , ma lo sguardo alle statistiche altrui dovrebbe quantomeno invitarci a riflettere su ciò che personalmente facciamo nella nostra pratica. L’elemento centrale di cui dovremmo tenere conto (sia noi che li prescriviamo che le farmacie ospedaliere che ce li forniscono) è sicuramente una analisi economica (una compressa di omeprazolo da 40 mg costa circa 0.80 euro contro 8,60 euro che spendiamo per una fiala da 40 mg della stessa molecola endovena). Non di meno dobbiamo sempre ricordarci dei potenziali rischi di somministrare un farmaco ev, nonché dei costi in termini di risorse umane per la preparazione e infusione di un tale prodotto.

 

Gemma C Morabito ha commentato:   Afif W et al. Predictors of inappropriate utilization of intravenous proton pump inhibitors. Aliment Pharmacol Ther 2007; 25: 609-615. 

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