QUANTI LIQUIDI SOMMINISTRARE IN PRONTO SOCCORSO NELLA SEPSI?

09.02.2009 00:06

 La somministrazione ‘aggressiva’ di ampi volumi di fluidi è considerata il miglior approccio terapeutico iniziale per l’instabilità cardiovascolare secondaria allo shock settico. In questi pazienti l’infusione deve essere instaurata precocemente appena la sepsi viene diagnosticata in pronto soccorso e senza alcun ritardo (neanche durante il periodo necessario per le procedure di ricovero). In circa il 50% dei pazienti con sepsi che inizialmente si presentano con ipotensione arteriosa, la sola terapia infusiva è in grado di risolvere lo stato ipotensivo e ripristinare una stabilità emodinamica (1).

 

Considerata l’assenza di monitoraggio invasivo in PS, la quantità di liquidi somministrata varia da medico a medico e spesso è in un certo senso arbitraria. Nonostante ciò, il recente interesse nella gestione della sepsi ha prodotto alcune linee guida che forniscono indicazioni ragionevoli al medico d’urgenza.

 

La necessità iniziale di liquidi per la rianimazione in pazienti con shock settico è in genere molto elevata, con una quantità che raggiunge i 10 litri di cristalloidi nelle prime 24 ore (1,2). L’approccio migliore per questa rapida  somministrazione di liquidi consiste nell’infusione di boli di 500-1000 ml (regolati su endopoints come: PA media > 70 mmHh, polso < 100 bpm, e output urinario > 0.5 ml/kg/h) nelle prime 6 ore. Dopo questa iniziale rianimazione volemica con circa 5 litri di liquidi nelle prime 6 ore, i fluidi di mantenimento dovrebbero essere somministrati ad una velocità pari a 150-200 ml/h, con boli di 500 ml se occorre (1-3).

 

Al momento attuale il fluido più comunemente utilizzato per i pazienti con la sepsi è la soluzione fisiologica (0.9%). L’infusione di volumi così ampi di soluzione salina può causare un’acidosi metabolica ipercloremica (1, 4) ma, anche se le conseguenze cliniche di questa acidosi non sono ben comprese, è stato dimostrato che essa ha una bassa mortalità in confronto all’acidosi metabolica da altre cause. L’ipercoloremia  da soluzioni saline, d’altro canto, può ridurre la perfusione mucosa splacnica, la filtrazione glomerulare e causare una coagulopatia (1) e, per queste ragioni, soluzioni saline bilanciate come il ringer lattato e i colloidi sono stati proposti come alternative. Anche questi fluidi alternativi, però, pongono dei problemi perchè sebbene l’impiego di ringer lattato nella rianimazione migliori il pH arterioso, esso non riesce a migliorare il tempo di sopravvivenza in modelli animali di shock settico.

Ecco allora che un possibile algoritmo suggerisce di iniziare la rianimazione con soluzione fisiologica nei primi 15-20 minuti, per passare quindi al ringer lattato (1).

 

 

FONTI:

(1) Raghavan M ,et al. Management of Sepsis During the Early "Golden Hours"  J of Emerg Med  2006; 31: 185-200. 
(2) Rivers E, et al.. Early goal-directed therapy in the treatment of severe sepsis and septic shock  N Engl J Med  2001;345:1368–1377. 
(3) Dellinger RP, et al.  Surviving sepsis campaign guidelines for management of severe sepsis and septic shock  Crit Care Med  2004;32:858–873. 
(4) Kellum JA, et al.  Etiology of metabolic acidosis during saline resuscitation in endotoxemia  Shock  1998;9:364–368.

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